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Responsabilità editoriale di ASviS
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Il progresso economico e sociale è sempre più oggetto di studio da parte del mondo accademico. L’obiettivo è quello di inquadrarlo e misurarlo oltre la crescita economica, spingendo le istituzioni internazionali a superare l'approccio tradizionale basato esclusivamente sul Prodotto interno lordo (Pil). Va incontro a questa esigenza il nuovo “framework” (termine tecnico che fa riferimento allo sviluppo di uno strumento) individuato dal Jrc (Joint research centre) della Commissione europea, chiamato “Sustainable and inclusive wellbeing”. Il Siwb, questo l’acronimo, entra dunque a far parte di una letteratura scientifica in continua evoluzione, offrendo un modello multidimensionale per la misurazione del benessere, dell’inclusione e della sostenibilità. Fornisce, inoltre, una visione olistica dello sviluppo economico e sociale, rispondendo alle esigenze di “policy making” – elaborazione delle politiche - con un “cruscotto di indicatori” avanzato. Lo studio è frutto del lavoro di ricerca di un gruppo di esperti formato da Peter Benczur, Ana Boskovic, Enrico Giovannini, Andrea Pagano e Alina-Mihaela Sandor.
Al fine di catturare anche “la complessità del progresso sociale e ambientale”, il Siwb è stato progettato per descrivere sei dimensioni fondamentali che, insieme, forniscono una visione integrata del benessere e della sostenibilità. Le sei dimensioni sono:
Si tratta di “una struttura che consente di superare le limitazioni degli approcci tradizionali”, si legge nello studio, “che offre una base solida per politiche pubbliche più equilibrate e orientate a garantire un benessere duraturo per tutti i cittadini”.
Per rendere concreto questo modello e fornire uno strumento pratico ai decisori politici, è stato sviluppato un sistema basato su un’ampia raccolta di dati, capaci di misurare ogni aspetto che ha che fare con la nostra vita. Il Siwb si articola così su più livelli: parte da un set di 140 indicatori – in origine erano circa un migliaio - che comprende una vasta gamma di misure relative alle sei dimensioni di cui parlavamo prima; li sintetizza in 50 indicatori chiave per facilitare l’interpretazione dei dati e per fornire una sintesi del quadro complessivo; genera inoltre un “livello superiore di tre indicatori” chiamato "Pil+3", in modo da affiancare all’indicatore “tradizionale”, che valuta la situazione macroeconomica, tre misure di carattere ambientale, sociale e istituzionale. “Questo sistema multilivello consente di avere una visione dettagliata e, allo stesso tempo semplificata, della situazione di ciascun Paese, permettendo ai responsabili politici di prendere decisioni informate e basate su evidenze scientifiche”, si legge ancora nello studio.
Questo sistema consente di individuare le differenze tra i vari Stati membri dell’Ue, mostrando come il benessere non sia distribuito in modo uniforme. Per esempio, i Paesi dell’Europa settentrionale e occidentale, come Svezia e Finlandia, si posizionano ai vertici per benessere complessivo, mentre alcune nazioni dell’Europa meridionale e orientale registrano livelli più bassi. Tuttavia, Paesi come Estonia e Slovacchia dimostrano che è possibile raggiungere un elevato benessere anche con un Pil pro capite inferiore alla media. Una ulteriore conferma che la crescita economica non è, e non può essere, l’unico fattore determinante per la qualità della vita.
Per quanto riguarda l’Italia, i valori per le dimensioni “benessere oggi” e “risorse sociali ed economiche per il benessere futuro” risultano leggermente inferiori rispetto alla media Ue. Al contrario, quello per la dimensione “Resilienza: sfide sociali e transizioni sostenibili” è leggermente superiore, mentre quello per “Natura e limiti planetari” è in linea con il livello europeo. È nettamente peggiore, invece, la situazione relativa alle dimensioni “Inclusione” e “Capacità e qualità istituzionale”, come si evince dalla seguente figura.
In generale, il Siwb descrive un’Europa in costante miglioramento negli ultimi dieci anni, con progressi in ambiti come l'occupazione, l'istruzione e la salute. Tuttavia, permangono diverse criticità, soprattutto nei Paesi dell’Europa meridionale e orientale, dove sono ancora evidenti le disparità legate alle condizioni economiche, dovute anche a una serie di politiche sociali poco efficaci.
In sostanza, l’analisi evidenzia la necessità di adottare politiche che bilancino gli obiettivi economici con le dimensioni sociali, ambientali e istituzionali. In un momento in cui l’Ue discute di strategie per rafforzare la competitività e la resilienza economica, il Siwb può essere uno strumento efficace per orientare le decisioni verso un modello di sviluppo più giusto, equo e sostenibile.
Da dove nasce l’idea di misurare tutto attraverso il Pil? Da lontano, come spiega uno degli autori dello studio, il direttore scientifico dell’ASviS Enrico Giovannini, nell’intervista a opera di Jacopo Mengarelli e diffusa da scienza in rete. “La realtà è che noi saremmo capaci di guardare a più di un numero, ma la scelta del Pil come indice guida è politica, e non tecnica. È una scelta culturale” – ha sottolineato Giovannini -. “Nel 1944 il governo Usa, quando la guerra non era ancora finita, chiese a esperti inglesi e americani come calcolare il Pil, poiché il governo degli Stati uniti voleva essere colui che avrebbe fissato i parametri internazionali. Successivamente, attraverso l’istituzione di Bretton Woods, delle Nazioni unite, del Fondo monetario internazionale e della Banca mondiale, avrebbe imposto questo modo di vedere al resto del mondo. Alla fine il governo degli Usa scelse l’approccio inglese basato sulla quantità di produzione, piuttosto che quello americano basato sul consumo e il benessere. Perché? Perché, semplicemente, l’intento del governo Usa era dimostrare che il capitalismo era in grado di produrre più cose del comunismo”.
Ormai è chiaro: abbiamo bisogno di riconoscere che il benessere non dipende solo dal reddito, e che gli indicatori economici tradizionali sono inadatti nel misurare la complessità. Eppure i Paesi continuano ad affidarsi solamente al Pil. “Dobbiamo accettare di rifiutare il riduzionismo, questo è il salto culturale e politico che dobbiamo fare. Alcuni Paesi oggi conoscono la loro posizione nella classifica del Pil, per esempio quelli del G7 e del G20, dove ‘G’ sta anche per ‘Gdp’, cioè Pil. Domani invece non saprebbero dove si collocherebbero rispetto a una ipotesi ‘wellbeing’. Purtroppo questo sistema spinge a essere conservatori”, ha concluso Giovannini.
L’integrazione di indicatori multidimensionali nelle strategie europee consente di andare oltre la semplice crescita economica. Grazie a questo genere di ricerche, è possibile assicurare che il benessere di un Paese sia valutato in funzione del reale stato di salute delle persone, e del pianeta.
di Ivan Manzo
Copertina: Pexels
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