"I magistrati sono responsabili
verso la società, in particolare per le decisioni che prendono,
che devono essere caratterizzate da imparzialità e indipendenza.
Ma non devono andare alla ricerca del consenso presso i
cittadini, perché altrimenti si sconfina nel populismo
giudiziario, che va respinto perché crea solo equivoci". Così il
vice-presidente del Csm Fabio Pinelli nel corso della lectio
magistralis dal titolo "La funzione giudiziaria tra
legittimazione e responsabilità" tenuta a Santa Maria Capua
Vetere al Dipartimento di Giurisprudenza dell'Università della
Campania Luigi Vanvitelli.
"Un tema complesso" quello della responsabilità dei
magistrati, legittimati nella loro azione dalla Costituzione ma
sempre più responsabili agli occhi della società, e soprattutto
perché "i partiti politici hanno perso la loro capacità, che un
tempo avevano, di aggregazione e mediazione, per cui in questi
tempi così conflittuali, le aule di giustizia diventano sempre
più spesso gli unici luoghi in cui tali controversie sociali
possono trovare una risoluzione". Ecco quindi la necessità di
paletti chiari per l'azione dei magistrati.
"Ogni decisione giudiziaria - osserva Pinelli - deve essere
frutto dell'indipendenza e dell'autonomia di giudizio del
singolo magistrato, e solo così si crea davvero la fiducia dei
cittadini nel sistema giustizia e nei giudici, e si può parlare
di un servizio per i cittadini; al contrario le decisioni non
devono essere prese dai magistrati per rispondere alle
aspettative dei cittadini, dei media o anche delle vittime.
L'indipendenza è qualcosa di innato in alcuni ma che non tutti
possiedono, per cui è fondamentale che ogni magistrato riceva
una formazione adeguata e sia competente. La competenza rende
davvero indipendenti, ed è necessario puntare sulla formazione
costante e di alto livello per i magistrati, ma anche aprire un
dibattito interno da parte del Csm e delle componenti
associative della magistratura su quelli che sono i doveri di
ogni magistrato".
Secondo Pinelli "i magistrati non possono sempre rispondere a
tutte le istanze dei cittadini e se non lo fanno ciò crea
sfiducia, ma è strutturalmente impossibile che il sistema
giudiziario possa risolvere ogni conflitto sociale". In un tale
quadro, la politica deve fare di più, con "le classi dirigenti
che dovrebbero insegnare ai cittadini ad accettare le decisioni
giudiziarie, anche quelle sfavorevoli", e deve essere più
precisa e attenta sotto il profilo della produzione normativa,
che spesso è "alluvionale e confusa, e non aiuta il lavoro di
interpretazione della magistratura".
Se dunque la politica deve riappropriarsi dei propri spazi di
azione e mediazione, la magistratura non deve occupare quegli
spazi lasciati liberi dalla politica. Ed è dunque sempre la
modalità di azione del magistrato a fare la differenza. "Il
magistrato non deve effettuare un bilanciamento di valori -
spiega Pinelli - perché queste scelte spettano al legislatore, e
deve inoltre interpretare e applicare testualmente le norme,
altrimenti perde le radici costituzionali della sua
legittimazione".
Riproduzione riservata © Copyright ANSA