Oltre 800 reperti
archeologici risalenti al periodo compreso tra il VII secolo
a.C. e il V secolo d.C.: sono quelli sequestrati dai carabinieri
della sezione archeologia del reparto operativo del comando per
la tutela del patrimonio culturale che, in collaborazione con il
nucleo investigativo del gruppo carabinieri di Torre Annunziata,
hanno dato esecuzione ad un decreto di perquisizione emesso
dalla Procura oplontina nei confronti di soggetti con dimora tra
Campania, Puglia ed Emilia Romagna indagati a vario titolo per
associazione a delinquere, ricettazione e furto di beni
culturali.
Nel corso delle operazioni, da ciò che si apprende, sono stati
sequestrati 819 reperti archeologici apuli, magnogreci e romani,
provenienti maggiormente da Campania e Puglia, risalenti al
periodo compreso il VII secolo a.C. e il V d.C.. Tra questi 675
monete archeologiche, prevalentemente in bronzo, alcune in
argento e in oro, ma anche 144 manufatti archeologici, in
bronzo, piombo e ceramici, oltre a undici sofisticati
metal-detector e a diversi strumenti per il sondaggio del
terreno.
I decreti di perquisizione, in tutto 19 le attività
effettuate, come spiegano dalla Procura sono stati emessi
nell'ambito di una complessa indagine, mirata a contrastare il
traffico illecito di beni archeologici. "Le indagini - sostiene
in una nota il procuratore della Repubblica di Torre Annunziata,
Nunzio Fragliasso - espletate dalla Sezione archeologia del
reparto operativo carabinieri Tpc di Roma e coordinate da questa
Procura, hanno fatto emergere allo stato un vasto traffico
illecito di reperti archeologici, condotto da un'organizzazione
criminale ben strutturata, ricalcante la filiera tipica di
questo settore, a partire dai cosiddetti 'tombaroli', che
riforniscono di reperti scavati clandestinamente i ricettatori
di primo e secondo livello, i quali, a loro volta, alimentano il
mercato illecito, anche internazionale, della vendita di beni
archeologici".
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