Si chiamava Diego, voleva diventare
un calciatore, magari essere come il più grande giocatore di
tutti i tempi di cui portava il nome. Spensierato, pieno di vita
e di sogni. Stroncati in maniera tragica da un malore improvviso
che non gli ha lasciato scampo. A soli 14 anni, davanti al padre
che lo aveva accompagnato dal quartiere di Agnano dove viveva,
si è accasciato a terra prima dell'allenamento con la 'Cantera'
scuola calcio del quartiere napoletano di San Pietro a Patierno
nella quale Diego De Vivo giocava da attaccante.
La tragedia in strada comunale Selva Cafaro, dove sono
intervenuti i carabinieri del nucleo operativo e una pattuglia
mobile di zona di Napoli Stella. La salma è ora a disposizione
dell'autorità giudiziaria per l'esame autoptico.
La pagina Facebook della società è listata a lutto. Vi
campeggia la foto del piccolo Diego mentre centinaia e centinaia
sono i messaggi di cordoglio da parte di amici, conoscenti,
società calcistiche giovanili. Solo una settimana fa aveva
partecipato con i suoi compagni a una festosa trasferta come
deve essere per ragazzi della sua età, all'Allianz Training
Center di Torino con i pari età della Juventus. Era una promessa
del calcio, Juve e Genoa erano sulle sue tracce come riferiscono
i dirigenti della società partenopea.
Costernato, in lacrime, trova a fatica le parole il
presidente della scuola calcio frequentata da Diego, Gianluca
Festa. "Abbiamo fatto di tutto per rianimarlo anche con l'aiuto
di un defibrillatore ma Diego non ce l' ha fatta. E' morto sotto
i miei occhi. Non ho forza, non ho parole, non ho più nulla.
Questa tragedia mi ha ucciso. Diego era cresciuto con noi . Come
si può a 14 anni morire così? Abbiamo fatto di tutto e la cosa
più brutta è quella che si è impotenti davanti a questa
tragedia". Le attività della scuola calcio sono momentaneamente
sospese in segno di lutto. "Diego sei e resterai un esempio per
professionalità, educazione, rispetto - si legge in un post del
presidente Festa - e sarai con noi per sempre. Ora è il momento
del silenzio e stringiamoci forte alla famiglia. Ciao Diego. Ora
insegna agli angeli come si fa Gol".
Davanti alla scuola calcio il direttore generale Alessandro
Ferro in lacrime dice: "Era il nostro campione. Era troppo bello
quando metteva palla a terra, segnava e ti veniva ad
abbracciare". E il suo allenatore, Gennaro Perreca, racconta
quanto "sia stato difficile tenergli le mani fino all'ultimo
momento di vita. Abbiamo provato a fare di tutto ma è stato
inutile". Stringono tra le mani la sua maglietta, la numero 9.
Cercano di darsi forza a vicenda, con le lacrime agli occhi
ripensando alle corse di Diego verso la porta.
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