Un socio di maggioranza relativa cinese, in un momento di guerra commerciale con gli Usa che non risparmia colpi e che mette nel mirino le auto è una zavorra per Pirelli. La società, già fra quelle impattate dai dazi americani, è ora chiamata direttamente in causa dalla nuova normativa Usa che colpisce il comparto auto e i suoi fornitori, vietando la vendita o l'importazione di veicoli connessi che utilizzano hardware o software di aziende legate alla Cina o alla Russia. Il cda di mercoledì sul bilancio 2024 avrà sul tavolo anche questo tema e i manager sono già al lavoro su possibili soluzioni, intanto in Borsa subisce un piccolo contraccolpo (-2,5% a 5,75 euro).
In difesa delle strategie di sviluppo del gruppo, che sugli Usa sta puntando in quanto il maggior mercato per i veicoli di alto di gamma e i Suv, un'ipotesi è quella di dare una nuova governance della società (con più paletti per Sinochem) oppure un rimpasto nell'azionariato. "Anche se la nuova normativa statunitense non ha un impatto significativo a breve termine sulle vendite di Pirelli, riteniamo che questa legge possa costringere i due principali azionisti di Pirelli a trovare una soluzione in termini di governance" commentano gli analisti di Mediobanca. Per il gruppo milanese sarebbero infatti a rischio i piani di sviluppo del Cybertyre, il sistema hardware e software che consente il dialogo fra gli pneumatici e i sistemi di controllo dell'auto. Per ora, va però sottolineato, si tratta di un business che vale poco meno dell'1% per il gruppo milanese e, prudenzialmente, non è neppure considerato nei target del piano industriale. Da Pirelli, contattati dall'ANSA già il 19 marzo a ridosso dell'introduzione della nuova normativa, non entrano nel merito della questione, limitandosi ad affermare che "la società si adeguerà alle leggi come ha fatto e fa in ogni Paese in cui opera". "Stiamo valutando significativi investimenti negli Stati Uniti per aumentare la capacità produttiva, possiamo fare leva sulla nostra leadership nella tecnologia, innovazione e nei pneumatici connessi, nei prodotti eco-safety nonché sul nostro brand iconico, grazie anche alla nostra partecipazione nella F1" aveva spiegato il vice presidente esecutivo di Pirelli Marco Tronchetti Provera presentando i conti preliminari. Gli Stati Uniti "generano oltre il 20% dei ricavi di gruppo ma la nostra produzione negli Stati Uniti è ridotta" aveva precisato il ceo Andrea Casaluci. Lo stabilimento in Georgia di Pirelli ha "il più alto grado di automazione con una capacità di circa 400.000 pneumatici high-tech all'anno, per coprire la domanda più del 50% arriva dal Messico e circa il 40% dal Brasile e dall'Europa".
La dimensione del mercato globale delle auto connesse è stata valutata in 96,2 miliardi di dollari nel 2024 da Imarc Group, società di ricerca internazionale e "raggiungerà i 284 miliardi di dollari entro il 2033, con una crescita media annua del 12,8%". Il Nord America domina attualmente il mercato, con una quota di oltre il 39,8% nel 2024.
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