L'attuazione di un programma di screening nazionale per il tumore al polmone nei pazienti ad alto rischio consentirebbe, grazie ad una diagnosi tempestiva, un incremento della sopravvivenza dei pazienti screenati di 7,63 anni rispetto ai non screenati, a fronte di una riduzione dei costi sanitari pari 2,3 mld di euro, in un orizzonte temporale di 30 anni. Sono i risultati del modello italiano sviluppato da C.r.e.a. Sanità con il contributo di Roche Italia e presentato oggi alla Camera. Il modello analizza per la prima volta anche l'impatto di farmaci innovativi come l'immunoterapia e offre una valutazione economica dello screening del cancro al polmone (34mila nuovi decessi all'anno), basata su evidenze di costo-efficacia, costo-utilità, impatto finanziario.
L'iniziativa prevede un investimento iniziale (legato anche all'organizzazione dello screening) pari a circa 80 milioni di euro, compensato però dai risparmi pari a circa 180 milioni già al primo anno. "Il modello dimostra che la promozione di uno screening della popolazione ad alto rischio per il carcinoma polmonare è una politica di sanità pubblica efficace ed efficiente che, purché adeguatamente promossa, risulta anche sostenibile da un punto di vista finanziario", spiega Federico Spandonaro, aggregato Università degli Studi di Roma Tor Vergata e Presidente Comitato Scientifico C.r.e.a. Sanità. L'obiettivo è di effettuare lo screening con frequenza biennale sulla popolazione ad alto rischio (età compresa fra 50 e 79 anni con forte esposizione al fumo), considerando un orizzonte temporale di 30 anni e un tasso di risposta del 30%.
Per Francesco Perrone, Presidente Aiom, "Il modello presentato oggi sul polmone ha il potenziale per essere applicato ad altri screening oncologici fornendo uno strumento di grande valore per guidare le politiche sanitarie". Particolare attenzione è stata poi dedicata alla descrizione dei percorsi terapeutici disponibili. "Quando il tumore al polmone viene trattato in fase precoce con chirurgia e farmaci - conclude Giulia Veronesi, Direttrice del Programma di Chirurgia Robotica Toracica presso l'IRCCS Ospedale San Raffaele - si possono raggiungere tassi di sopravvivenza a 5 anni intorno all'80%. Investire in un programma strutturato di screening è cruciale perché consente un guadagno di vita di oltre 7 anni a fronte di un risparmio economico per il Ssn".
Cappellaci, ampliare l'offerta di screening ad ambiti prioritari
Gli screening consentono di giocare d'anticipo sulla malattia e sulle conseguenze. Per questo è fondamentale recuperare i ritardi accumulati durante la pandemia" e "ampliarne l'offerta ad ambiti prioritari". Così Ugo Cappellacci, Presidente XII Commissione Affari Sociali della Camera dei Deputati, commentando il modello di programma di screening polmonare nazionale, messo a punto da C.r.e.a. Sanità e presentato oggi alla Camera, che consentirebbe, grazie ad una diagnosi tempestiva, un incremento della sopravvivenza dei pazienti screenati di 7,63 anni rispetto ai non screenati, a fronte di una riduzione dei costi sanitari pari 2,3 mld di euro, in un orizzonte temporale di 30 anni.
"Una delle misure su cui Governo e Parlamento stanno lavorando è lo smaltimento delle liste d'attesa, con un provvedimento importante a favore dei diritti dei cittadini - prosegue -. La missione è, inoltre, quella di ampliare l'offerta di screening ad ambiti prioritari come quello del tumore al polmone, grazie all'azione comune avviata a livello europeo e che vede anche l'Italia protagonista. In Commissione abbiamo svolto una serie di audizioni sul Piano Europeo Contro il Cancro, da cui una volta di più, emerge che impiegare nuove risorse a favore della salute non va considerato una spesa, ma il migliore investimento e la migliore riforma che si possa attuare", conclude.
Perrone, contro tumore a polmone la prima battaglia è non fumare
"Contro i tumori del polmone, la prima battaglia è sempre una e una sola: non fumare. E' vero che in Italia mediamente il tasso dei fumatori scende ma scende molto lentamente e poi soprattutto non scende tra i giovani e questa è una cosa assolutamente preoccupante, perché in linea di principio nell'orizzonte dei 30 anni o al massimo dei 50 se veramente sapessimo fare per bene la prevenzione primaria e quindi abbattere i fattori di rischio, il tumore del polmone continuerebbe a esistere, ma sarebbe una malattia rara. Ma ancora non ci siamo". Così Francesco Perrone, presidente dell'Associazione italiana di oncologia medica (Aiom), in occasione della presentazione del modello di screening nazionale e di valutazione clinico-economica per il tumore al polmone messo a punto da C.r.e.a. Sanità e presentato oggi alla Camera.
"In Italia, il carcinoma polmonare rappresenta la più frequente causa di morte oncologica, con 34mila nuovi decessi all'anno, il successo dei trattamenti dipenderà anche dalla precocità della diagnosi. La sfida è quella di convincere da un punto di vista scientifico e della convenienza organizzativa del servizio sanitario nazionale - prosegue-. E' un'operazione che richiede tempo, una macchina che deve avviarsi". Quando un nuovo screening ha senso? "Prima di tutto quando è soddisfatto il principio scientifico - sottolinea Perrone -. Uno screening per la scienza è una cosa che ha senso fare quando si può identificare una popolazione bersaglio sufficientemente in maniera precisa, almeno inizialmente, salvo poi rivederla in corso d'opera, quando esiste un test che sia curato e quando sia dimostrato che alla diagnosi precoce fanno seguito strategie terapeutiche che sono in grado di ridurre in maniera significativa la mortalità".
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