Per la prima volta è stato possibile misurare le radiazioni a cui saranno esposti gli astronauti delle future missioni spaziali dirette verso la Luna: i tanti sensori collocati a bordo della capsula Orion e addosso ai due manichini Helga e Zohar a bordo della missione Artemis I del 2022, hanno infatti consentito di raccogliere dati preziosi sul viaggio Terra-Luna durato 25 giorni, che consentiranno di mitigare il più possibile i rischi per la salute umana. I risultati, pubblicati sulla rivista Nature dal gruppo di ricercatori guidato dal Johnson Space Center della Nasa e dall’Agenzia spaziale tedesca Dlr, indicano che è improbabile che l’esposizione alle radiazioni nelle future missioni Artemis superi i limiti fissati per gli astronauti.
Analizzando i dati raccolti, i ricercatori guidati da Stuart George della Nasa e da Thomas Berger della Dlr hanno scoperto che l’esposizione alle radiazioni all’interno della capsula Orion varia molto in base alla posizione: le aree più schermate, destinate all’equipaggio, forniscono una protezione quattro volte maggiore rispetto a quelle meno schermate. Inoltre, anche durante eventi come i brillamenti solari che aumentano la quantità di radiazioni emesse nello spazio, la navetta è rimasta al di sotto del livello considerato sicuro per evitare l’avvelenamento da radiazioni. Anche l’orientamento della navetta si è dimostrato rilevante: una virata ad angolo retto eseguita nel corso della missione ha ridotto l’esposizione alle radiazioni del 50%. Nuove informazioni arriveranno, poi, dal confronto tra Helga, che ha volato senza nessuna protezione, e Zohar, che invece ha indossato una tuta in grado di mitigare l’esposizione alle radiazioni: gli autori dello studio sono già al lavoro per analizzare questi dati, fondamentali per garantire la sicurezza degli astronauti nelle future missioni Artemis.
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