Più gamberi rosa nel canale di
Sicilia, boom di mazzancolle a Manfredonia. Ma c'è meno pesce
nello Jonio e cambiano le dimensioni delle sarde che si fanno
più piccole in Adriatico ma anche le acciughe nel Tirreno.
Seppie e triglie più vicine alla costa anche nei mesi 'freddi'
in virtù di temperature in mare più alte rispetto al passato. Un
inverno mite, con il gennaio più caldo di sempre, detta le
regole di quello che finisce nelle reti dei pescatori e anche
nei piatti. A mappare per l'ANSA gli effetti dei cambiamenti
climatici nel Mediterraneo è Confcooperative Fedagripesca.
"Il caldo fuori stagione, gli eventi climatici estremi sempre
più all'ordine del giorno - rileva Paolo Tiozzo, vicepresidente
Confcooperative Fedagripesca - minano la produttività delle
imprese di pesca con perdite anche fino al 50% in termini di
giornate di lavoro e fino al 70% per danni e mancati guadagni".
E così, sottolinea l'associazione, complice anche la mancata
manutenzione dell'uomo, in inverno ad ogni forte mareggiata
sempre più frequente, 7 porti su 10 rischiano insabbiamenti. Una
situazione che di fatto ha fatto perdere negli ultimi 10 anni il
30% di giornate di pesca. In aumento anche le specie aliene,
oltre 200, dal granchio blu al vermocane, che in un Mediteranno
che si fa più caldo trovano una nuova casa. Entro il 2050 oltre
il 30% di pesci, molluschi e crostacei, stima Fedagripesca,
potrebbero non essere di origine dell'area mediterranea. Inoltre
a causa delle prolificazioni algali che si fanno sempre più
intense e mucillagini che creano problemi ai pesci e agli
attrezzi da pesca, la posidonia rischia di sparire entro il 2050
sotto il peso del riscaldamento globale, come emerge da uno
studio pubblicato dalla rivista Nature Climate Change.
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