Pescherecci e case messe in vendita, pescatori che si reinventano una professione perché di vongole oggi è difficile vivere. Il granchio blu non ha solo messo ko una delle più importanti produzioni europee che valeva al comparto almeno 200 milioni di euro l'anno, ma ha lacerato il tessuto socio economico di tanti comuni del Delta del Po. In molti pensano ad una riconversione degli impianti da vongole ad ostriche che, grazie ai sistemi di allevamento con ceste sospese sull'acqua le ostriche riescono a sfuggire alla razzia dei granchi, ma servono investiementi fino a 50mila euro. E' la fotografia scattata da Fedagripesca in queste settimane ai tanti operatori in attesa del piano interministeriale di contenimento del granchio, annunciato a gennaio ma ancora non partito.
Si cerca in tutti i modi comunque di salvare il salvabile con la messa in sicurezza del seme delle vongole, pescando il più possibile i granchi, per i quali si cercano strade di commercializzazione anche verso l'estero non facili, visto che solo un 15% del prodotto, ovvero la polpa, viene impiegato in cucina.
Riconvertire gli impianti da vongole a ostriche, conti alla mano sembra un'ipotesi poco praticabile. "Ci vogliono dai 3 ai 5 anni e un investimento che parte dai 30mila euro per creare l'infrastruttura e procedere alla semina", fa sapere Paolo Tiozzo, vicepresidente Confcooperative Fedagripesca. A fare la differenza anche le strutture e le attrezzature di allevamaeto, più semplici e compatte per le vongole, rispetto a quelle più articolate per le ostriche per garantire una crescita ottimale.
Non ultima la questione delle acque salmastre per le prime, marine per le seconde. Si tratta poi di due mercati paralleli che non consentono sovrapposizioni anche da un punto di vista dei consumi, se le vongole sono un prodotto per tutte le età, non è così per le ostriche mangiate crude. Un mercato, questo, su cui occorre risolvere il problema dell'Iva e portarla dal 22 al 10% come nel resto del mondo. Sul piatto, infatti, c'è un potenziale business da 60 milioni di euro grazie alle diverse varietà italiane, dall'Ostrica rosa di Scardovari, alla verde del Golfo dei Poeti, alla bianca del Gargano, a quella sarda e poi ancor all'Ostrica d'oro e alla nera di Goro. "Non possiamo fornire i volumi che offrono altri paesi ma la qualità riconosciuta è ottima - conclude Tiozzo - questa filiera se ben sviluppata potrebbe offrire un nuovo slancio all'economia ittica, creare posti di lavoro e spazio per giovani e donne per un valore da mezzo miliardo di euro".
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