Si chiama Vespa Orientalis, l'ultimo
nemico in ordine di tempo delle api, che ha distrutto fino a
oggi tra i 35mila e i 40mila alveari tra Lazio, Campania e
Molise. Un bilancio imputato non ad un insetto alieno,
nonostante il nome, ma a una specie nativa che però sta
prendendo il sopravvento. Ultimamente, complici i cambiamenti
climatici e le modifiche degli habitat naturali, il Calabrone
orientale è entrato infatti in forte competizione con gli
alveari, incrementando aree di colonizzazione e, soprattutto, il
livello di aggressività.
Un adulto può arrivare anche a 3 centimetri di lunghezza,
è velenoso, si ciba delle api in volo e molto spesso entra
all'interno dell'alveare distruggendolo. A lanciare l'allarme è
Riccardo Terriaca, segretario generale di Miele in Cooperativa,
associazione nazionale alla quale aderiscono le principali
associazioni di apicoltori delle tre regioni maggiormente
colpite del Centro sud. Danni che si manifestano con elevata
mortalità, ma anche con un diffuso indebolimento degli alveari e
dunque riduzione della produzione di miele e maggiori costi da
sostenere per curare gli alveari indeboliti, con le cosiddette
nutrizioni di soccorso.
"E' nuova calamità, di fronte alla quale siamo disarmati,
non essendo oggi disponibili strumenti e tecniche di contrasto
alle aggressioni", afferma all'ANSA Terriaca, secondo il quale
"è indispensabile che il mondo della ricerca impegni risorse
umane e finanziare per studiare il problema con un approccio
pragmatico, per darci delle risposte. Sono a rischio decine di
migliaia di alveari e la sostenibilità di centinaia di aziende
apistiche". A peggiorare il quadro c'è anche la progressiva
diffusione della Vespa orientalis nelle aree urbane, aspetto
questo che crea problemi anche per l'incolumità pubblica.
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