(di Elisabetta Stefanelli)
Con alcune delle sue opere iconiche,
dal grande ragno Spider alle Cells - a partire dalla storica The
last Climb con la scala del suo ultimo studio di Brooklyn - dai
marmi rosa agli arazzi alla serie sospesa dei fluidi Janus,
Louise Bourgeois è la prima donna a conquistare la meravigliosa
Galleria Borghese in uno straordinario dialogo tra materia e
forma. E se è la prima volta alla Borghese di una donna
contemporanea, è anche la prima volta per una monografica della
grande artista a Roma.
Primati a parte ''L'inconscio della memoria'', questo il
titolo dell'esposizione - visitabile dal 21 giugno al 15
settembre - propone alcune importanti opere della grande artista
nata a Parigi nel 1911 e scomparsa nel 2010 a New York, legate
al suo rapporto con l'Italia. È infatti il 1967 quando,
viaggiando per la prima volta da sola, si stabilisce per qualche
mese a Pietrasanta e qui, con gli spostamenti a Carrara ed anche
a Roma, scopre tra la stessa Galleria Borghese, i musei Vaticani
e molto altro, alcuni dei cardini della storia dell'arte che
affondano le radici nel marmo. Il suo rapporto con l'Italia e
la collezione Borghese - che inizia al Louvre negli anni Trenta
e continua fino agli anni Novanta - ha influenzato non poco la
sua pratica creativa, spiega la direttrice della Galleria
Francesca Cappelletti sottolineando che quella di Louise
Bourgeois ''è una scultura che ha dentro tutto il Novecento''. E
non a caso la Galleria attraversa tutta la storia della
scultura, da quella classica fino all'Ottocento, con ''la grande
assente'', ovvero la produzione del Novecento che in questo caso
viene proposta in tutta la sua centralità, perchè Bourgeois è
appunto arista che attraversa il secolo in modo originale.
Il percorso della mostra si apre con la spettacolare Cell
(The Last Climb, del 2008, la penultima prima della morte) che
si sviluppa intorno al tema della spirale e comprende la scala a
chiocciola da lei stessa realizzata del suo ultimo studio di
Brooklyn in una aspirazione metafisica che le sfere in vetro blu
sublimano. Poi, spiega ancora Cappelletti, ''L'inconscio della
memoria'' si snoda nelle sale principali del museo in un dialogo
di temi e materia, declinati in venti opere. Prosegue anche nel
Giardino della Meridiana (con i Welcoming Hands, le mani
intrecciate, le sue con quelle dell'amico Jerry Gorovoy) fino ai
Giardini segreti, dove si trova il gigantesco Spider, il ragno
simbolo della protezione materna. Ragno che qui compare anche in
versione ridotta, ma identica, nella gigantesca Cell del primo
piano - Passagge Dangereux, la più grande mai realizzata - , che
contiene un vero e proprio percorso nella memoria: dagli arazzi,
sempre legati alla madre morta quando era bambina, alle sfere di
vetro, al legno degli arti mozzati e delle sedie sospese che
rimandano al padre, ai traumi, ai suoi dolori. In alcune sale
del primo piano che ''vedono già alcuni interventi per i lavori
in corso alla Galleria con un allestimento temporaneo',
sottolinea Cappelletti, con un interessante focus su alcuni
dettagli, come nella sala della Danae del Correggio dove si
trovano le sue teste bianche della Cell XX. Non mancano
ovviamente le sculture sospese denominate Janus, dove la fusione
tra i sessi si realizza alla ricerca di una perfezione ideale
che ha ammantato l'opera di Bourgeois di un femminismo che non
ha mai teorizzato.
La mostra, ideata da Cloè Perrone e curata con Geraldine
Leardi e Philip Larratt-Smith, propone in tutto circa 20 opere
scultoree ed è realizzata in collaborazione con The Easton
Foundation e l'Accademia di Francia a Roma. E proprio a Villa
Medici viene ospitata per l'occasione un'opera dell'artista, No
exit.
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