BOLOGNA, 21 FEB - Il 27 febbraio si discuterà in Cassazione il processo sul femminicidio di Kristina Gallo, la ragazza di 26 anni trovata morta dal fratello nella sua casa di Bologna il 26 marzo del 2019. In primo e in secondo grado è stato condannato a 30 anni Giuseppe Cappello, il 46enne con cui la giovane aveva una relazione, che ha presentato ricorso.
La vittima era stata trovata in casa, nuda e con le gambe sotto il letto, dal fratello. Inizialmente la sua morte era stata ritenuta naturale e la Procura aveva chiesto l'archiviazione. Il caso poi era stato riaperto con l'ipotesi di omicidio aggravato dallo stalking dopo l'autopsia, da cui era emerso che Kristina Gallo poteva essere stata strangolata.
Nelle conclusioni scritte, la sostituta pg della Cassazione Olga Mignolo ha chiesto il rigetto del ricorso della difesa, sottolineando come la sentenza impugnata non abbia alcuna contraddittorietà né manifesta illogicità: i giudici, evidenzia la requisitoria, hanno valutato ogni singolo indizio, dalla posizione del corpo della vittima, alle tracce di dna dell'imputato sotto un'unghia di Kristina compatibili con la posizione dei graffi addosso a Cappello, al posizionamento delle celle agganciate dal suo cellulare. È stato inoltre considerato il contesto fattuale, evidenziando l'indole violenta dell'uomo e la forte conflittualità della relazione con la vittima, come per esempio la creazione da parte sua di un un falso profilo social per controllare le relazioni della ragazza.
L'imputato è difeso dall'avvocato Gabriele Bordoni, mentre parti civili per i familiari della vittima sono gli avvocati Cesarina Mitaritonna e Francesco Cardile, per l'associazione 'La Caramella Buona' l'avvocata Barbara Iannuccelli.
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