Con l'approdo domani al porto di Ancona la Life Support di Emergency, alla banchina 19 verso le 14, sbarcherà 49 naufraghi soccorsi il 12 novembre nelle acque internazionali della zona Sar maltese, nel Mediterraneo Centrale. I 49 naufraghi, di cui 6 donne e minori non accompagnati, erano partiti da Al-Zawiya in Libia e provengono da Siria, Egitto e Bangladesh, paesi vittime di violenze, insicurezza politica, povertà e disastri naturali aggravati dalla crisi climatica. viaggiavano a bordo di una piccola barca in vetroresina, sovraffollata, inadatta ad attraversare il Mediterraneo e senza le necessarie dotazioni di sicurezza, quali i salvagenti. La Life Support, che opera nel Mediterraneo centrale da dicembre 2022, completerà così la sua 26esima missione. Finora la nave di Emergency ha soccorso 2.342 persone.
"Dopo il soccorso le autorità italiane ci hanno assegnato per lo sbarco dei naufraghi il porto di Ancona, che dista cinque giorni di navigazione dalla zona dell'intervento - afferma Domenico Pugliese, comandante della Life Support -. Le condizioni meteo non sono favorevoli, vento e mare causano disturbo alla navigazione e malessere alle persone soccorse. A maggior ragione lo staff di Emergency continua a prendersi cura dei 49 naufraghi a bordo che stanno presentando in particolar modo sintomi da mal di mare. È la quinta volta che ci viene assegnato un porto di sbarco nel nord del mare Adriatico, molto distante dal luogo dove è avvenuto il soccorso - ricorda Pugliese -: questo ci obbliga a restare lontani dalla zona operativa nel Mediterraneo Centrale per più di una settimana. Le navi da ricerca e soccorso dovrebbero essere in grado di rimanere dove c'è bisogno di loro, invece che passare così tanto tempo per raggiungere porti distanti".
"Da una prima valutazione effettuata subito dopo il salvataggio - spiega Elena Mari, dottoressa a bordo della Life Support - le persone presentavano disidratazione, mal di mare e lesioni cutanee. Durante le visite realizzate nei successivi giorni di navigazione è emerso che tre delle persone soccorse sono diabetiche. Ovviamente fino a quando non arriveremo ad Ancona continueremo a prenderci cura di tutti i naufraghi."
Il racconto: "Vengo da una città del sud della Siria, Idlib, un posto che è stato molto colpito dalla guerra negli ultimi anni - racconta un ragazzo di 32 anni-. Lavoravo come cameriere part-time e il resto del tempo raccoglievo plastica in giro per la città per portarla in uno stabilimento dove veniva riciclata. Questo mi permetteva di mettere un po' di soldi da parte. Dopo anni di bombardamenti costanti, lo scorso anno sono riuscito a raccogliere il denaro per lasciare la città insieme alla mia famiglia, siamo andati in un paese poco lontano da Damasco. Da lì - prosegue - è iniziato il mio viaggio verso l'Europa passando per la Libia. Ho passato 5 mesi ad Al-Zawiya in piccoli appartamenti con altri siriani, anche 30 persone stipate in un solo appartamento, ci spostavano due o tre volte al mese e non potevamo uscire di casa. Durante questo tempo per due volte ho provato ad attraversare il Mediterraneo, ma i libici ci hanno ripresi e portati in una prigione e ci hanno detto che se non avessimo pagato migliaia dollari ci avrebbero aperto la pancia e ci avrebbero tolto degli organi da rivendere. Non era una minaccia a vuoto, lo fanno davvero. Per fortuna sono riuscito a pagare, ma questo fa capire che i libici vedono noi persone migranti solo come merce. E questa è stata la cosa che mi ha fatto più male, non la violenza fisica diretta, ma sentirmi dire che il mio corpo era una merce, che la mia vita valeva solo quanto avevo in tasca".
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