Come era largamente nelle
previsioni, è fallito il referendum svoltosi domenica nel nord
del Kosovo per la destituzione dei sindaci di etnia albanese nei
quattro maggiori Comuni a maggioranza di popolazione serba -
Leposavic, Zubin Potok, Zvecan e il settore nord (serbo) di
Kosovska Mitrovica.
Un fallimento ampiamente annunciato per via del boicottaggio
della locale popolazione serba in segno di protesta contro
quelli che sono stati ritenuti ostacoli e restrizioni alle
modalità di voto con il chiaro obiettivo di impedire un esito
positivo della consultazione. Il quorum previsto per la validità
del referendum era infatti del 50% più uno degli aventi diritto
in ciascuno dei Comuni coinvolti. Una soglia ritenuta
irraggiungibile per via delle migliaia di serbi andati via dal
Kosovo e per le liste elettorali 'gonfiate' e non aggiornate.
Come ha riferito Kreshnik Radoniqi, capo della commissione
elettorale centrale kosovara a Pristina, a votare sono stati in
tutto 253, su un totale di 46.556 elettori complessivi. A
Leposavic i voti espressi sono stati 124, a Mitrovica nord 111,
a Zubin Potok 18, a Zvecan nessuno. "Considerando i dati
sull'affluenza alle urne, la maggioranza degli elettori
registrati non ha votato come richiesto dall'articolo 72 della
legge sull'autonomia locale del Kosovo, e non è stato raggiunto
il quorum richiesto del 50% più uno. Pertanto riteniamo che
l'iniziativa dei cittadini per rimuovere i sindaci di Leposavic,
Zubin Potok, Zvecan e Mitrovica nord sia fallita", ha detto
Radoniqi.
Commentando l'esito del voto, la presidente kosovara Vjosa
Osmani - in un comunicato - ha affermato che ai cittadini del
nord (serbi) è stata data l'opportunità di rimuovere gli attuali
sindaci ed eleggerne di nuovi. "Ma la gran parte degli elettori
non ha approfittato di tale opportunità", ha detto Osmani,
secondo cui ciò è avvenuto soprattutto per le pressioni di
Belgrado, del partito Srpska Lista e delle strutture criminali
illegali. Ancora una volta - ha aggiunto la presidente - la
Serbia ha interferito illegalmente nel processo elettorale di un
altro Paese, e il presidente Aleksandar Vucic ha violato la
parola data ai partner internazionali. "E' finita la farsa
organizzata dal regime di Albin Kurti nel nord del Kosovo", ha
fatto sapere Srpska Lista, il maggior partito dei serbi locali
che aveva invitato al boicottaggio. Sin dall'inizio, ha
aggiunto, era stato chiaro che la consultazione era stata
organizzata in modo che fallisse, con l'alto quorum del 50%.
Inoltre essa, per Srpska Lista, si è tenuta in una atmosfera non
certo di democrazia e libertà, con telecamere puntate sugli
elettori e massicce pattuglie di polizia pesantemente armate e
appoggiate da blindati fuori dai seggi. "Tutto ciò dimostra che
avevamo ragione nell'esortare la popolazione serba a non
partecipare allo spettacolo inscenato da Kurti. Non sono la
Serbia e Srpska lista a spaventare i serbi ma Kurti e il suo
regime poliziesco". I sindaci di etnia albanese, invisi e
contestati dai serbi locali, erano stati eletti nel voto del 23
aprile 2023, anch'esso boicottato dai serbi per protesta contro
la politica di Pristina. Senza candidati serbi, e con l'assenza
ai seggi di elettori serbi, a essere eletti erano stati
rappresentanti locali di etnia albanese.
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