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Cascina Spiotta 50 anni dopo, martedì il processo alle Br

Cascina Spiotta 50 anni dopo, martedì il processo alle Br

Per la morte di un carabiniere. La famiglia: 'Non è un convegno'

TORINO, 22 febbraio 2025, 16:43

di Mauro Barletta

ANSACheck
Un 'immagine della sparatoria a Cascina Spiotta - RIPRODUZIONE RISERVATA

Un 'immagine della sparatoria a Cascina Spiotta - RIPRODUZIONE RISERVATA

"Questo non sarà un convegno di sociologi o di storici. Sarà un'occasione per affermare la giustizia". L'avvocato di parte civile, Sergio Favretto, presenta così il processo che il 25 febbraio, ad Alessandria, riaprirà a mezzo secolo dai fatti una delle pagine del libro insanguinato degli anni di piombo: lo scontro a fuoco tra brigatisti rossi e carabinieri che si verificò alla Cascina Spiotta, nelle vicinanze della città piemontese, il 5 giugno 1975.

Favretto è il legale dei familiari di un appuntato dell'Arma ucciso da due colpi di pistola, Giovanni D'Alfonso, e sottolinea che, a dispetto del tempo trascorso, "ancora attendiamo verità dai protagonisti".

Ad essere chiamati in causa sono in tre: Renato Curcio e Mario Moretti, capi storici delle Br, e il militante Lauro Azzolini. Hanno 84, 79 e 82 anni. L'età avanzata e il percorso di vita lascia dire a uno dei difensori, l'avvocato Davide Steccanella, che "né giustizia né riparazione all'onore e alla memoria della parte civile, alla quale è dovuto comunque il massimo rispetto, possono derivare da una eventuale condanna".

"Nel nostro ordinamento - spiega - la pena deve tendere anche al reinserimento del soggetto nella società: e questo si è già verificato assai prima del processo che stiamo per celebrare".

La Cascina Spiotta era il luogo in cui le Brigate Rosse avevano nascosto l'imprenditore vinicolo Vittorio Vallarino Gancia dopo averlo sequestrato.

Una pattuglia dei carabinieri individuò il covo e intervenne. Sul terreno rimasero il carabiniere D'Alfonso e Mara Cagol, la moglie di Curcio. La procura di Torino ha avviato l'indagine nel dicembre del 2021 dopo avere ricevuto l'esposto con cui il figlio del militare, Bruno, ha chiesto di dare un nome e un volto a un brigatista sfuggito alla cattura e mai identificato: ora i magistrati ritengono che 'mister X' sia Lauro Azzolini, mentre a Curcio e Moretti, non presenti alla Spiotta, muovono l'accusa di concorso in omicidio in qualità di "esponenti apicali dell'organizzazione terroristica" e come mandanti del rapimento Gancia.

L'avvocato Favretto dice che "è stata la migliore, la più completa e la più aggiornata inchiesta sulle Brigate Rosse degli ultimi trent'anni". Gli inquirenti hanno affiancato le tecnologie moderne (compresa una mappatura dei luoghi in 3D realizzata con un drone) alle tradizionali intercettazioni telefoniche e ad abbondante materiale d'archivio, fra cui spiccano sette libri, due dei quali firmati dagli stessi Curcio e Moretti, dedicati alla stagione della lotta armata. Sul versante della difesa Steccanella ha in serbo una valanga di eccezioni e una richiesta di annullamento del rinvio a giudizio di Azzolini. Il militante fu prosciolto in istruttoria nel 1987 ma la sentenza, custodita negli archivi di Alessandria, andò perduta nell'alluvione del 1994. "Non si può riprocessare una persona perché lo Stato ha smarrito un documento", dice il legale.

Quanto a Curcio, durante le indagini ha consegnato un lungo memoriale per spiegare che all'epoca dei fatti, essendo evaso da poco, non era in contatto con i compagni e non aveva ordinato il sequestro. Poi ha fatto presente che sulla morte della moglie non è mai stata fatta piena luce. Ma al vaglio dei giudici resta l'omicidio di D'Alfonso. 

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