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PressRelease
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Responsabilità editoriale di NEW LIFE BOOK
PressRelease - Responsabilità editoriale di NEW LIFE BOOK
C’è un altopiano, poco distante dalla città di Iglesias, in Sardegna, circondato da colline che si affacciano sul mare lontano. Qui, in un luogo dove il sole accarezza la terra con una luce intensa e crudele, la vita un tempo pulsava al ritmo delle macchine e del sudore. Non c’è più traccia del fumo delle laverie, né del vociare degli operai; rimangono solo i muri, testimoni silenziosi di un’epopea che il tempo ha tentato di consegnare all’oblio. Eppure, ogni pietra sembra attendere qualcuno che ne decifri i segreti, che le restituisca un senso, una voce. È una geografia dell’anima, un crocevia dove si incontrano il lavoro e la fatica, la speranza e il sacrificio: il suo nome, oggi, è Seddas Moddizzis.
La storia straordinaria di questo villaggio minerario è stata a lungo custodita e, adesso, raccontata da Annalisa Uccella nel suo libro “Seddas Moddizzis. Memorie lontane”, pubblicato dal Gruppo Albatros il Filo. L’autrice, studiosa profondamente legata alla cultura e alla storia della Sardegna, nel suo lavoro si dedica alla ricerca dei legami tra memoria collettiva, identità culturale e coesione sociale: il libro prende vita nel contesto storico del XIX secolo, quando la Sardegna era un territorio ancora in bilico tra modernità e tradizione. L’epoca della rivoluzione industriale portò profondi cambiamenti, soprattutto nelle regioni minerarie come il Sulcis Iglesiente, dove si trova Seddas Moddizzis. La scoperta e lo sfruttamento delle risorse minerarie erano per gli abitanti del luogo una promessa di sviluppo, ma anche una realtà fatta di fatica, sacrifici, spesso di disuguaglianze. Era un periodo in cui le comunità rurali venivano stravolte dalla nascita di villaggi minerari, microcosmi di speranza e precarietà.
L’autrice ricostruisce con cura la parabola di queste comunità, intrecciando fatti storici e racconti personali, e scegliendo come centro della narrazione il villaggio di Seddas Moddizzis e la figura di Giorgio Asproni, che nel 1896 aveva acquistato, al prezzo di 1500 lire, una sola azione della Miniera in concessione denominata, per l’appunto, “Is Seddas Is Moddizzis”. Nato in Sardegna e profondamente legato alla sua terra, Giorgio Asproni è al tempo stesso uomo del suo tempo e precursore di idee che trascendono l’epoca. Il libro di Uccella ci consegna il ritratto di un imprenditore visionario, ma soprattutto di un uomo dotato di sensibilità per le condizioni dei lavoratori. Asproni comprende infatti che un villaggio minerario non può esistere senza il lavoro, ma nemmeno senza le famiglie che lo rendono possibile. La costruzione di abitazioni dignitose, scuole e spazi comuni riflette il suo approccio, volto non soltanto al profitto, ma a porre le basi per costituire un tessuto sociale tenace, in un ambiente altrimenti ostile.
La struttura narrativa di “Seddas Moddizzis. Memorie lontane” si articola in quattro sezioni simboliche – Estate, Autunno, Inverno e Primavera – che scandiscono il ciclo di vita del villaggio minerario e riflettono la visione ciclica del tempo. Questa suddivisione, che richiama il ritmo naturale delle stagioni, diventa anche una metafora del destino del villaggio: nascita, sviluppo, declino e rinascita. Se l’Estate è infatti il periodo della crescita e dell’entusiasmo, in cui il sogno di Giorgio Asproni prende forma, l’Autunno segna il declino graduale, dove le crepe nei sogni iniziano a mostrarsi. L’Inverno è il momento del silenzio e dell’abbandono, ma anche del ripensamento. Infine, la Primavera porta con sé la luce della rinascita e del recupero della memoria.
Il villaggio di Seddas Moddizzis è una miniatura di dinamiche sociali, economiche e culturali che riflettono l’intera parabola dell’umanità. In questo spazio delimitato dalle colline e dal mare, si concentrano il lavoro, la fatica, la convivenza con l’altro, la tensione tra il sogno del progresso e il peso del sacrificio. Ogni aspetto della vita nel villaggio è parte di un sistema interconnesso. La miniera è il cuore pulsante, il motore economico che dà lavoro agli uomini, ma richiede in cambio il loro tempo, la loro energia e, talvolta, la loro salute. Attorno ad essa, però, si sviluppano altre realtà: le abitazioni, modeste ma dignitose, diventano rifugi di intimità e quotidianità; le scuole educano i figli dei minatori, aprendo loro spiragli di un futuro diverso; le piazze e le strade si animano di scambi e incontri, costruendo quella rete sociale che tiene insieme la comunità. Il microcosmo di Seddas Moddizzis non è privo di contraddizioni: le disuguaglianze tra i diversi ruoli nella miniera, il peso del lavoro sulle spalle dei più poveri e le inevitabili tensioni sociali raccontano i limiti di questa utopia. È proprio questa tensione tra ideale e reale che trasforma il villaggio una metafora potente: esso rappresenta il sogno umano di costruire qualcosa di più grande di sé, e al contempo la fragilità di ogni sistema che dipende dall’equilibrio precario tra i suoi elementi.
Il cuore del racconto di Annalisa Uccella è il valore del lavoro. La miniera, con le sue gallerie oscure e il ritmo incessante delle macchine, è il fulcro attorno a cui ruota la vita di tutti gli abitanti del villaggio, che si tratti dei minatori o delle loro famiglie. È motore di progresso e luogo di alienazione al tempo stesso, lo specchio di una modernità che promette molto, ma esige tutto. Il villaggio è però al contempo una rete sociale, una comunità che si regge sugli equilibri della solidarietà. La narrazione illumina tanto i momenti di coesione quanto le fratture, le disuguaglianze e le tensioni che minacciano questa fragile armonia: Seddas Moddizzis è un microcosmo dove l’individuo si confronta con il collettivo, in una danza costante tra autonomia e appartenenza. Tra le sue pagine, l’autrice preserva e dà nuova vita alla memoria collettiva che impregna ogni pietra del villaggio. Tra la miniera e le abitazioni il passato non si è dissolto, ma vive attraverso il ricordo di chi ha costruito e aiutato quel microcosmo. La memoria diventa dunque un atto di resistenza, uno strumento per restituire dignità a un’epopea di uomini e donne che il tempo avrebbe altrimenti consegnato all’oblio. È così che il villaggio, un tempo pullulante di vita e poi condannato all’abbandono, rinasce attraverso l’atto di ricordare e ricostruire. È un processo materiale, ma la sua valenza è tutta spirituale: recuperare il villaggio minerario significa resistere al tempo e celebrare la capacità di trasformare il dolore del passato in una promessa per il futuro.
Da un punto di vista documentaristico, il libro è un’opera che unisce il rigore, necessario per ricostruire con precisione il contesto storico e sociale del tempo, al ricordo più intimo e personale, ricavato dai racconti dei propri familiari. Tra documentazione e simbolismo, l’autrice compie un’operazione culturale di grande valore: recuperare e narrare Seddas Moddizzis, infatti, significa restituire dignità a una storia dimenticata, ma anche offrire uno specchio in cui riflettere su temi che travalicano il tempo e lo spazio. Il silenzio denso del villaggio minerario diventa così una lente attraverso cui interrogarsi sul passato e immaginare un futuro più consapevole.
In ogni pietra del villaggio minerario si nasconde una lezione: la memoria non è un lusso, ma una necessità. Il villaggio minerario raccontato da Annalisa Uccella è il simbolo di un'epoca che ha plasmato volti e destini, ma anche di un presente che, nel ricordo, può trovare la propria forza. “Seddas Moddizzis. Memorie lontane” è il ricordo che resiste al tempo, l’esempio di come il passato, se custodito, possa illuminare il futuro. Perché ogni pietra conserva un nome, e ogni nome ha una storia da raccontare.
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