Una grave sepsi che si è diffusa e non le ha lasciato scampo. Dai primi risultati dell'autopsia arrivano dei punti fermi sulla morte di Simonetta Kalfus, la sessantaduenne deceduta il 18 marzo scorso all'ospedale Grassi di Ostia, dodici giorni dopo aver effettuato una liposuzione in uno studio privato in zona Tuscolana a Roma.
L'esame autoptico è stato svolto all'istituto di medicina legale di Tor Vergata su disposizione della Procura che ha iscritto nel registro degli indagati tre medici che, a diverso titolo, hanno avuto un ruolo nella vicenda.
L'ipotesi di reato è di omicidio colposo. Tra loro c'è il chirurgo che il 6 marzo effettuò la liposuzione, già condannato un anno fa per lesioni in seguito a un intervento di lifting al seno, un anestesista amico della donna che la accompagnò nella struttura e si recò più volte a casa sua dopo l'intervento e, infine, un medico dell'ospedale di Pomezia dove inizialmente si era recata la sessantaduenne e che la rimandò a casa.
Dall'attività peritale è emerso che Simonetta Kalfus quel giorno è stata sottoposta a un intervento plurimo. Gli inquirenti puntano ora a chiarire se le condizioni del luogo in cui è stata operata fossero a norma. Verrà, inoltre, costituito un collegio peritale che analizzerà cartelle cliniche e altra documentazione sanitaria per ricostruire il suo percorso clinico. Le indagini sono scattate dopo la denuncia presentata dalla figlia trentacinquenne della vittima e in cui ripercorre il calvario vissuto dalla madre in quei giorni.
I carabinieri della compagnia di Anzio hanno acquisito i documenti sanitari della donna e anche quelli relativi allo studio medico in cui è stata eseguita la liposuzione per stabilire se fosse tutto a norma. A quanto ricostruito finora, dopo l'operazione di chirurgia estetica effettuata lo scorso 6 marzo Simonetta Kalfus ha iniziato ad accusare i primi dolori. Inizialmente avrebbe pensato al normale decorso post-operatorio, però con il passare dei giorni la situazione peggiorava e così è stata accompagnata in un primo momento all'ospedale di Pomezia. Qui, dopo una serie di accertamenti, è stata dimessa con una terapia antibiotica ma le sue condizioni non miglioravano, anzi.
La donna si sentiva sempre peggio e il 14 marzo è stata portata al Grassi di Ostia dall'amico anestesista. Qui, viste le gravi condizioni, è stata ricoverata in rianimazione. La donna è entrata in coma vegetativo e dopo quattro giorni il suo cuore si è fermato. La salma è stata quindi trasferita al policlinico Tor Vergata per l'esame autoptico, effettuato nei giorni scorsi. E mentre la famiglia chiede giustizia per Simonetta anche Codici, centro per i diritti dei cittadini, ha deciso di presentare un esposto in Procura. "L'attenzione principale - afferma il segretario nazionale Ivano Giacomelli - è rivolta proprio a quanto avvenuto nella struttura privata. Bisogna fare chiarezza sull'intervento, sulle fasi preparatorie e sulla gestione post-operatoria. I dubbi sono tanti e riteniamo doveroso indagare per appurare eventuali responsabilità".
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