(di Elisabetta Stefanelli)
Era il luglio del 1944 quando le
prime donne partigiane iniziarono a far circolare
clandestinamente, nascondendolo nella canna della bicicletta,
quel foglio in cui esprimevano le loro idee, le loro aspirazioni
e condividevano la loro vita quotidiana. Nacque così Noi Donne,
lo storico periodico femminista che compie 80 anni e festeggia
con la straordinaria impresa di mettere a disposizione di tutti,
gratuitamente e online, l'archivio completo. È una pagina
importante di storia del paese salvata dall'inevitabile rovina.
"È una nuova tappa, in fondo la viviamo così e ce lo
auguriamo perché il nostro è sempre un lavoro che continua con
nuovi propositi mentre dal mondo ci vengono stimoli negativi e
preoccupanti", racconta in un'intervista all'ANSA Tiziana
Bartolini, direttrice al timone di Noi Donne da 25 anni, il
periodo di una svolta epocale. "In questi giorni ci sono di
nuovo argomenti che ci ripropongono la necessità di sottolineare
le radici da cui veniamo, senza nostalgia che sarebbe fuori
luogo ma con il rispetto di chi è venuto prima di noi: le donne
che hanno fatto la resistenza, e prima ancora quelle che
guidavano il tram nella prima guerra mondiale e prima ancora le
suffragette".
È da questa riflessione che nasce il lungo lavoro iniziato
nel 2017 che ha portato l'archivio storico a disposizione di
tutti, ma anche dall'esigenza pratica di metterlo in sicurezza.
"I primi numeri stampati in clandestinità erano delle veline
fragilissime, ma anche quelle degli anni '40, stampate dopo la
guerra con la carta e l'inchiostro che si trovava, erano
estremamente deperibili". L'archivio fisico delle copie si trova
alla Casa internazionale delle donne a Roma, dove è anche la
sede della rivista. Poi varie copie, ma non la collezione
completa, sono anche in vari archivi in altre città. Costanza
Fanelli è ora la responsabile dell'Archivio storico. "Abbiamo
digitalizzato 2.200 fascicoli sfogliabili, 120mila pagine ora
disponibili gratuitamente nel sito dedicato all'archivio che si
chiama ww.noidonnearchiviostorico.org. Sono radunati liberamente
e fruibili senza pagamento alcuno, divise per annate, per
decenni, con una sfilata meravigliosa di copertine. È la storia
delle donne italiane del loro tempo che facevano questo sforzo
rivoluzionario di pretendere cambiamenti che ritenevano
necessari".
Ci sono stati momenti che rimangono particolarmente nella
memoria? "Ho in mente un titolo iconico del 1956, 'Quanti ne
vogliamo quando li vogliano' direttrice Giuliana Dal Pozzo. Sono
momenti felici ma guardati con gli occhi di oggi, perché allora
invece erano oggetto di scontri forti. Noi Donne era organo
dell'Udi fino a metà anni Novanta e, me lo ha raccontato
Giuliana Dal Pozzo per me la migliore di sempre, noi facevamo la
nostra linea cercando di mantenere una linea nel rispetto della
donna, della democrazia e della libertà vera. Poi ci sono state
grandi inchieste, come quella sull'uomo di sinistra, che poi vai
a vedere nel privato come marito, fidanzato, datore di lavoro è
ben altro: facevano le pulci, tiravano fuori le contraddizioni e
la critica. O anche il percorso per la conquista della legge 194
e dei consultori, negli anni Settanta una battaglia a dir poco
martellante".
Che cosa è cambiato in questi anni? "Io dirigo Noi Donne dal
2000, nei 25 anni siamo tornate più e più volte su certi
argomenti, c'è un filo conduttore. Oggi le giovani parlano di
accoglienza per una sessualità più complessa e non binaria e va
bene, ma sempre nel consultorio immaginato negli anni Settanta
devono andare. Quello va difeso e fatto funzionare. Negli anni
'40 quando si votava c'era la sollecitazione 'vai a votare e poi
vota come ti pare', non esisteva la parola autodeterminazione ma
il film della Cortellesi è una rappresentazione meravigliosa di
quello che significava".
Qual è oggi il ruolo di Noi Donne? "È la domanda che mi
faccio tutti i giorni. Da una parte c'è la crisi dell'editoria e
del sistema informativo, noi non abbiamo contributi statali e
abbiamo due siti che vanno pagati, servono soldi, i progetti
richiedono tanto lavoro in più che, nel caso della
digitalizzazione dell'archivio è stato totalmente volontario. È
un giornale dalla natura militante, che ha sempre vissuto del
bisogno di raccontare di tutto dal punto di vista delle donne:
dalla politica internazionale ai modelli per cucire i vestiti,
stando sulla complessità degli interessi. Vediamo oggi tanti
volti femminili ma resiste la difficoltà a far passare un punto
di vista autenticamente delle donne, anche problematicamente
perché non siamo d'accordo su tutto. Dal 2016 abbiamo sospeso il
cartaceo e siamo entrate in un'altra dimensione, ma siamo ancora
qui e la nostra è una storia, anche da questo punto di vista,
straordinaria. In 80 anni è stato un continuo interrogarsi e
guardarsi in maniera critica".
Che succede oggi alle donne? "Oggi siamo in un momento
delicatissimo, stiamo camminando sul filo del rasoio, rischiamo
di perdere tutte le conquiste in un attimo. C'è da anni
un'erosione subdola. Faccio un esempio, la 194 con tutto quello
che significa nessuno dice di volerla abolire, ma l'hanno
svuotata quando gli obiettori di coscienza ne impediscono
l'attuazione. C'è stata un'erosione anche nella voglia delle
donne di esserci, c'è un sentimento che a me sembra non adeguato
alla tempesta in cui siamo". Una critica, la direttrice, la
rivolge anche alla premier Meloni: "Dalla prima presidente donna
del consiglio avremmo sperato di vedere ben altre politiche ed
attenzioni, non è il tempo di bandierine, sono molto
preoccupata. Se c'è una reale crisi delle democrazie le prime a
rimetterci sono le donne, senza alcun dubbio". Quella che fa Noi
Donne, conclude Tiziana Bartolini "si chiama politica con la P
maiuscola, l'abbiamo sempre fatto, e nonostante la nostra
debolezza di mezzi economici continuiamo a farla".
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