(di Paolo Petroni)
Nel 1979, a poco più di 25 anni dal
debutto nel 1970, Manuela Kustermann ripropose 'A come Alice'
firmato da Giancarlo Nanni, cui avrebbe fatto seguire allora,
nel 1972, 'Il risveglio di primavera', due spettacoli che furono
un po' come manifesti dell'avanguardia teatrale degli anni '70
che Giuseppe Bertolucci aveva cominciato a indagare allora,
pubblicando prima 'La scrittura scenica' e poi 'Il
teatro-corpo-immagine'. Si era ancora nel teatrino di Porta
Portese a Roma, dall'emblematico nome 'La fede' e nel 1974
sarebbe nato il gruppo La compagnia dell'attore, che oggi compie
50 anni e che Kustermann festeggia dal 2 al 6 ottobre con uno
spettacolo memoria al Vascello, dove la compagnia arrivò nel
1989 coraggiosamente, con quella voglia di sfida che Nanni aveva
sempre.
"Coraggio, provocazione, ironia", sottolinea Manuela
Kustermann, che firma il progetto, drammaturgia e regia, con la
collaborazione di Gaia Benassi, dopo aver lavorato su una massa
grandissima di materiale di archivio per costruire quello che
sarà "non uno spettacolo in senso tradizionale, ma una serata
immersiva, una specie di concerto, recital, happening tra
documenti (c'è un pezzetto del restaurato film che Schifano girò
sul Risveglio di primavera) e ricordi pubblici e privati, miei e
di Massimo Fedele, membro storico della compagnia, più, anche se
meno antico, Paolo Lorimer, proprio per fare un po' di storia,
testimonianza per chi non c'era, per i giovani oggi, ma anche
alleggerendo con aneddoti, andando a memoria o col leggio, tra
musiche recuperate e mille immagini".
'La Fabbrica dell'Attore 50 anni di (r)esistenza' sarà
ovviamente "dedicato a Giancarlo Nanni, scomparso nel 2010, e a
tutti quegli artisti di allora che oggi non ci sono più, a
riproporre un viaggio appunto dal teatro nelle cantine degli
anni '70 al Vascello, ripercorrendo la nostra storia e la nostra
vita, sospesi fra immaginazione e realtà". Un percorso che ha le
sue radici nella pittura, nell'arte, che era stata la prima
passione di Nanni e il suo primo lavoro e la cronaca - o nella
leggenda? - narra di suoi grandi quadri esposti per strada, che
in una notte sparirono, tutti rubati e chissà dove saranno oggi.
Così, sempre, se doveva fare dei riferimenti sui suoi
spettacoli, dare delle spiegazioni, usava il mondo e i movimenti
dell'arte, dalla quale gli veniva quella visionarietà e grande
libertà di espressione che portò in palcoscenico, innamoratosi
praticamente a prima vista di Manuela quando la vide Ofelia
nell'Amleto di Carmelo Bene.
Fu un periodo in cui, sull'onda del '68, quella che sarebbe
diventata l'Avanguardia romana portò la fantasia al potere,
creando un proprio metodo di lavoro teatrale, senza prove
tradizionali e un progetto creato a tavolino. Nanni fu capofila
tra questi, spaziando fra teatro, cinema, danza, musica e arti
visive, lavorando sull'improvvisazione, le libere associazioni,
l'apporto creativo di tutti i componenti della compagnia, a
cominciare dagli attori, per arrivare a un risultato complessivo
la cui base era l'aspetto visivo che nasceva dal movimento dei
corpi e il ritmo di parole e musiche.
Tutto con le radici in quelle che furono letteralmente le
cantine del teatro della scuola romana. Anche La Fede era un
magazzino sotto il livello stradale a Porta Portese in cui si
accedeva con una serie di scalini come entrando in un'altra
realtà, quella della creazione artistica, il cui fascino vinceva
umidità e freddo, grazie anche a un fiasco di vino che Giancarlo
faceva passare tra gli spettatori. "Rivedere le immagini di
Risveglio di primavera mi ha davvero emozionato - racconta
Kustermann - e anche il trovarmi davanti a me giovane e carina
non mi ha creato problemi: io non sento davvero il peso del
tempo, come probabilmente quelli che fanno teatro, e mi pare da
allora ne sia passato poco, solo alcuni anni, specie ogni volta
che salgo in palcoscenico e in particolare questa volta, più
coinvolgente".
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