Il 70% dei giovani commercialisti
patisce i "tempi lunghi iniziali per raggiungere un buon grado
di autonomia reddituale, mentre solo per il 20% la scelta di
esercitare la professione è dipesa dall'esistenza di uno studio
avviato in famiglia": è un passaggio del sondaggio su un
campione di quasi 2.000 under40 condotto dalla Fondazione di
ricerca della categoria, presentato questo pomeriggio,
all'auditorium Scavolini di Pesaro, dove si svolge il convegno
nazionale dei commercialisti.
Per oltre il 67%, si legge nel documento, "la sostenibilità
rappresenta una specializzazione futura in espansione o in forte
espansione seguita dalla consulenza strategica (60%) e dalla
consulenza direzionale (52%). La tecnologia è un problema solo
per il 9% degli intervistati. In cima alle preoccupazioni ci
sono, invece, la complessità normativa (45%) e l'abusivismo
professionale (26%)".
La categoria è, si apprende, "alle prese con cambiamenti
epocali, ma non in crisi: sebbene il 32,1% la giudichi in "crisi
profonda", oltre il 60% sostiene invece che non sia così: per il
34,1% non è in crisi", bensì "investita da processi di
trasformazione epocale legati a mutamenti nel mondo del lavoro e
nella società, per un altro 29,1% non è in crisi, ma in
evoluzione a seguito di innovazioni procedurali e normative".
A commentare i dati il presidente del Consiglio nazionale dei
commercialisti Elbano de Nuccio: "Mi sembra di poter dire che da
questo sondaggio emerge con forza una voglia di futuro non
scontata, e una consapevolezza significativa della necessità di
aprirsi al nuovo". E aggiunge: "L'importante lavoro che stiamo
portando avanti sulla riforma del nostro ordinamento
professionale discende da una visione precisa che punta a
fotografare tutte le novità intervenute negli ultimi decenni e,
al contempo, a favorire e anticipare ulteriori processi di
innovazione", chiosa.
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