Se hai scelto di non accettare i cookie di profilazione e tracciamento, puoi aderire all’abbonamento "Consentless" a un costo molto accessibile, oppure scegliere un altro abbonamento per accedere ad ANSA.it.
Ti invitiamo a leggere le Condizioni Generali di Servizio, la Cookie Policy e l'Informativa Privacy.
In evidenza
In evidenza
Responsabilità editoriale di ASviS
Responsabilità editoriale di ASviS
“Ti devo raccontare una cosa bellissima”. “Cosa?” “Oggi abbiamo scoperto come è nato il mondo. 14 miliardi di anni fa c’è stato il Big Bang, una mega esplosione da cui poi sono nati i Pianeti e le stelle, anche la Terra. Noi non c’eravamo subito, i primi viventi sono arrivati nei mari, erano semplici e piccolissimi, poi ad un certo punto c’è stata una vera e propria esplosione della vita. Le prime piante terrestri sono stati i muschi, pensa come sono preziosi! E sai cosa ho scoperto degli insetti? Che c’erano libellule lunghe 50 centimetri e millepiedi giganteschi di due metri e mezzo”. Così, con la meraviglia e lo stupore negli occhi, mia figlia di sette anni mi ha raccontato la storia della nascita dell’Universo e della vita sulla Terra imparata a scuola. Mentre io, nel frattempo, leggevo sui giornali della California devastata dalle fiamme (aggravate da venti intensi, siccità e scarsità d’acqua), le rilevazioni di Copernicus sul 2024 come anno più caldo di sempre, gli allarmi dell’International union for conservation of nature secondo cui un quarto degli animali d’acqua dolce è ad alto rischio di estinzione. E mi sono chiesta: che mondo lasceremo alle future generazioni? E arriverà un momento in cui noi adulti, ad un certo punto, avremo nostalgia della nostra casa, il Pianeta, quando ci accorgeremo che non sarà più la stessa?
Una malinconia che ho scoperto avere un nome: “solastalgia”, da “solace”, conforto, e “nostalgia”, dunque un sentimento di malessere quando viene a mancare qualcosa che non c’è più a causa del cambiamento ambientale, una “nostalgia di casa che si prova quando si è ancora a casa”. Non a caso da qualche anno ha preso vita il “last chance tourism”, o turismo dell’ultima possibilità, che vede viaggiatori pagare cifre considerevoli per visitare i luoghi minacciati dal cambiamento climatico (barriere coralline, ghiacciai, isole) prima che sia troppo tardi, diventando quindi “gli ultimi a visitarli”, dopo che per migliaia di anni gli esseri umani hanno gareggiato per essere i primi. Un fenomeno, tuttavia, dagli effetti controversi, come spiegato su FUTURAnetwork.
Queste notizie, unite ai possibili “effetti Trump-Musk” (si legga qui l’editoriale di Enrico Giovannini sul 2025), potrebbero gettare nello sconforto chi crede ancora nella possibilità di un mondo sostenibile, far alzare bandiera bianca perché non c’è più speranza. Invece, come emerso in una riunione interna all’ASviS, “è proprio quando il mondo va peggio che c’è più bisogno di noi”, di chi crede e lotta per un futuro sostenibile, di chi ancora sa meravigliarsi davanti alla bellezza della natura ed è determinato a proteggerla, di chi non si rassegna alle morti, alla povertà o alle migrazioni a causa della crisi climatica o di politiche sbagliate, di chi ha ben chiaro che danni ambientali vogliono dire anche danni economici e per la salute umana (proprio in settimana abbiamo pubblicato un approfondimento su come, secondo uno studio Onu, l’ossessione per la crescita abbia creato un’economia del burnout).
Questo è il momento, dunque, in cui la società civile deve più alzare la voce, in cui ognuno di noi può influenzare il mercato con le proprie scelte, in cui gli imprenditori che per definizione guardano al futuro devono ricordare che non tutto è perduto perché i segnali positivi ci sono, e che proprio quella comunicazione positiva fatta di speranza, nuovi progetti e condivisione di buone pratiche può aiutare a cambiare davvero le cose. Vi abbiamo già raccontato sette buone notizie del 2024 su clima e natura rimaste inosservate, ma possiamo pensare anche all’aumento delle decisioni giudiziarie sul diritto a un ambiente sano in tutto il mondo (si veda l’articolo “Possono i giudici aiutare a salvare il Pianeta?”) e alla prima sentenza ambientale della Corte costituzionale italiana emessa sulla base dei nuovi principi della Carta. Un tema, tra l’altro, quello della traduzione in politiche del principio di giustizia intergenerazionale, di cui discuteremo il 21 febbraio con esperte ed esperti in un ASviS Live dal titolo “La Costituzione è cambiata: come cambiare l’Italia?”.
Questo è anche il momento per le imprese di rivelare la propria coerenza e credibilità. Con l’insediamento di Trump alla Casa Bianca, il prossimo 20 gennaio, il clima politico è cambiato, e di conseguenza anche le scelte di molte aziende. Mark Zuckerberg, amministratore delegato di Meta (Facebook, Instagram e Whatsapp), dopo l’allarmante sospensione del fact checking (cioè il controllo delle notizie sui social), ha chiuso il suo programma su diversità, equità e inclusione che tutelava donne e minoranze. Sulla stessa scia si stanno muovendo altre grandi compagnie come Amazon e McDonald’s. Mentre BlackRock, il più grande gestore patrimoniale al mondo, ha annunciato l’uscita dalla Net Zero Asset Managers Initiative, alleanza climatica Onu per la finanza sostenibile, e così hanno fatto anche altre società. Ma ci sono anche dei colossi che si stanno opponendo a questo trend, come la Apple, che ha respinto la proposta degli azionisti conservatori di eliminare le politiche di inclusione. Microsoft e Zoom hanno invece scelto una via intermedia, mantenendo alcune politiche di inclusione, ma eliminando i team dedicati alla diversità.
Oltre al mutato clima politico, ci sono anche delle motivazioni legali ed economiche dietro a queste scelte: secondo un'analisi del Guardian riportata su Wired, le aziende americane avrebbero iniziato a temere possibili cause legali dopo una sentenza della Corte Suprema del giugno 2023, che ha dichiarato incostituzionali i programmi volti a evitare discriminazioni nelle ammissioni ai college universitari. Una sentenza che, pur non riguardando direttamente le politiche aziendali, ha aperto la strada a decine di cause contro i programmi Diversity, equity and inclusion (Dei) nelle imprese.
Ferruccio De Bortoli, in un articolo sul Corriere della Sera, affronta il tema dell’effetto Trump sulle imprese. Per cercare di rispondere all’interrogativo se questa ondata travolgerà veramente anche la transizione ecologica, riporta le osservazioni di un consulente di grandi investitori internazionali, Alessandro Albano:
“Quello che sottovalutiamo in questo momento è che i tempi della finanza e degli enormi investimenti nelle rinnovabili e nelle tecnologie per la decarbonizzazione sono molto più lunghi di quelli di una pur strapotente presidenza americana, sono sommovimenti profondi. Nessun governo, per quanto forte, potrebbe oggi invertire questo trend storico di sopravvivenza del pianeta”.
L’articolo ricorda anche che sempre di più in futuro chi farà qualcosa di sostenibile a favore dell’ambiente guadagnerà quote di mercato e avrà soddisfacenti ritorni nei propri investimenti, e che i campioni ambientali crescono a un ritmo tre volte superiore a quello delle altre aziende. Lo dimostrano numerosi studi, come il Rapporto GreenItaly, che conferma la concretezza dell’invito di Mattarella e Draghi a puntare sulla transizione verde come opportunità per rafforzare l’economia e la società, rendendo l’Italia una superpotenza europea dell’economia circolare, o il Rapporto di Wwf Italia sui vantaggi economici e lavorativi della decarbonizzazione del sistema elettrico.
Anche l’ASviS ha illustrato in più occasioni le opportunità e la convenienza della transizione, in particolare attraverso il Rapporto di maggio scorso sugli scenari al 2030 e al 2050 per l’Italia, ma riprenderemo il tema con la nona edizione del Festival dello Sviluppo Sostenibile, dal 7 al 23 maggio, presentando anche una nuova edizione del documento dedicata soprattutto all’impatto delle transizioni sui diversi settori produttivi.
continua a leggere su asvis.it
di Flavia Belladonna
Responsabilità editoriale di ASviS
Ultima ora