Un avanzato trattamento di terapia
genica ha restituito speranza a una bambina siciliana di 19 mesi
affetta da una rara malattia neurometabolica, il deficit di
Dopa-decarbossilasi, un enzima che regola il metabolismo dei
neurotrasmettitori dopamina e serotonina, che comprometteva le
sue capacità motorie, di apprendimento ed anche vitali.
L'intervento è stato realizzato all'ospedale San Marco,
dall'équipe multidisciplinare di neurochirurghi, anestesisti
rianimatori pediatrici, neuroradiologi e del gruppo della
pediatria del presidio Rodolico, centro di malattie rare che ha
in cura la bambina. Dopo una cura propedeutica di un anno e
mezzo, nel dicembre scorso, è stato possibile procedere con la
somministrazione della terapia genica che mira a correggere
direttamente nel cervello la mutazione alla base della
patologia. La piccola ha poi fatto rientro a casa e i primi
risultati, sottolineano dal Policlinico di Catania, "sono stati
da subito straordinari: a due mesi dal trattamento, la bambina
ha mostrato segni significativi di miglioramento delle sue
capacità motorie, passando da un immobilismo pressoché totale ad
un risveglio muscolare che le consente movimenti pian piano
sempre più decisi e sofisticati, dapprima solo con gli occhi,
adesso anche con la testa, con le gambe e le braccia".
L'intervento, il primo di questo tipo eseguito con l'ausilio
di una combinazione di robotica, tac intraoperatoria e
neuronavigazione, è stato illustrato in conferenza stampa
dall'assessore regionale alla Salute, Daniela Faraoni, dal
direttore del dipartimento Pianificazione strategica Salvatore
Iacolino, dal direttore generale del Policlinico, Gaetano Sirna,
dal direttore sanitario Antonio Lazzara e dai medici
interessati.
A spiegare tecnicamente come è avvenuta la somministrazione
della terapia sono stati i direttori di Pediatria, Martino
Ruggieri, e di Neurochirurgia, Giuseppe Barbagallo. "Abbiamo
fornito alla bambina - ha detto Ruggeri - la copia esatta del
gene mancante attraverso l'inserimento di miliardi di copie di
adenovirus inattivato che sono serviti a convogliare quel gene
all'interno delle cellule nervose, con un impatto sul recupero
delle funzioni neurologiche compromesse dalla malattia sino ad
oggi estremamente positivo".
"La peculiarità del nostro intervento su questa paziente,
la più piccola trattata ad oggi - ha spiegato Barbagallo - è
quella della tecnologia robotica applicata alla neurochirurgia.
Abbiamo proposto una metodologia differente che si utilizza oggi
per le biopsie e per la cura di alcuni tumori cerebrali, ma
anche per determinati interventi di stimolazione cerebrale,
quali quelli che si effettuano per la malattia di Parkinson".
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