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In evidenza
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(di Elisabetta Stefanelli)
CRAIG FOSTER, 'INTUIZIONE SELVAGGIA'
(HarperCollins, pag. 324, euro 19,00. Traduzione di Sara
Caraffini). Le otto pagine di ringraziamenti che chiudono lo
straordinario racconto di Craig Foster, dove dice grazie a
''familiari, amici, mentori e guide - sia umani che non'', la
dice lunga sulla straordinarietà di questo fotografo e
documentarista che ha la capacità di riconnettere chi lo segue
con la parte più insospettabile della nostra dis-umanità. Tra le
foto di questo bellissimo volume, che sfiora il poetico ad ogni
pagina, c'è quella di una caverna preistorica che si affaccia
sulla False Bay. Ha un ingresso perfettamente a mezzaluna che
segna un orizzonte che sembra l'inizio di tutto, la partenza, un
occhio senza ciglia sbarrato su un modo diverso di guardare il
mondo. Questa è a mio avviso la capacità di Foster, quella di
scavarti nell'anima riportando alla superficie qualcosa che
avevamo perso. Sfido chiunque a mangiare di nuovo un polpo dopo
aver visto quello straordinario capolavoro che è My octopus
Teacher, Il mio amico in forndo al mare, che nel 2020 lo ha
portato (giustamente) a vincere l'Oscar per il miglior
documentario. In queste pagine del resto lui che è ''nato e
cresciuto nello sciabordio del mare'', ovvero in Sudafrica,
estremità che è ''il battito cardiaco del mondo'', parte da quel
luogo ancestrale che è luogo ancestrale per l'intera umanità.
Vero o simbolico che sia non ha importanza. Il suo cammino verso
le origini è strettamente connesso con la riappropriazione del
rapporto con il mare, dove tutto inizia e dove inizia la sua
ricerca di una vita diversa quando vola con la moglie Sara ai
Caraibi e per quattro mesi, coperti da un telo di plastica,
vivono solo di frutti della natura. Quel mare che accoglie il
cordone ombelicale del figlio, e la richiesta di matrimonio per
la seconda moglie Swati. ''Ma siamo fatti d'acqua e dall'acqua
veniamo, e quando la nostra anima ha bisogno di cure è spesso
all'acqua che torniamo''. Nuotare tutte le mattine per lui è una
forma di meditazione, anche se lo fa senza muta pure quando la
temperatura scende sotto i dieci gradi, ripensando ai 25 anni
passati a fare riprese con ''cervello, polmoni e fegato pieni di
parassiti raccolti nelle foreste del Gabon e nei laghi del
Malawi e del Ruanda''. Liberarsi di quel malessere, fisico e
mentale, dei danni, e cercare di connettersi, di riflettere sul
fatto che anche l'anima, come due conchiglie cresciute in una
bottiglia, ''può sentirsi al sicuro nel piccolo mondo dell'ego,
apparentemente protetta dal grande ignoto esistenziale''.
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